LA PENULTIMA FINE DEL MONDO (Nottetempo) di Elvira Seminara sarà presentato a Catania e a Siracusa nelle seguenti date (in entrambe le occasioni, sarà presente l’autrice):
– martedì 18 giugno, a Catania, h. 18, presso la Feltrinelli Libri e Musica – via Etnea, 285 (Catania) – interventi di Leandra D’Antone e Pippo Raniolo
– venerdì 21 giugno, a Siracusa, h. 18,30, presso il Biblios Cafè – via del Consiglio Reginale, 11 (Siracusa) – intervento di Simona Lo Iacono
Leggi le prime pagine di LA PENULTIMA FINE DEL MONDO
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Il servizio di Ornella Sgroi sul quotidiano “La Sicilia“
Elvira Seminara: «Rappresenta il Pianeta esploso per perdita di identità e di senso del domani»
Di questi tempi l’umanità soffre. Disorientata. Persa in una società liquida e stagnante, senza più coordinate. Ed è il presente a raccontarlo, con le sue inquietudini che sfociano in fatti di cronaca dolorosi e strazianti. Come i tanti, troppi suicidi che non danno tregua, a chi li compie e a chi li subisce come spettatore impotente.
La suggestione è immediata nell’impatto con le prime pagine del nuovo romanzo di Elvira Seminara, “La penultima fine del mondo“ (Nottetempo, collana Il rosa e il nero). Ambientato in un piccolo paese della Sicilia che ricorda Nicolosi con il suo bar e la sua pineta, «un paese da favola in cui – spiega l’autrice catanese – irrompe il contemporaneo con la sua drammaticità e le sue tensioni e tutto comincia a sfaldarsi». Innescando una pioggia inspiegabile di «morti nolenti» dal sorriso assente, come affetti da un morbo alieno o un virus informatico che potrebbe contagiare chiunque passando dal cervello elettronico alla mente umana.
«In tutti i miei romanzi ho sempre raccontato il presente, con le sue effrazioni e le sue fratture. In quest’ultimo c’è la narrazione distopica di un’esplosione personale e collettiva, sullo sfondo di una Sicilia magica che perde il senso delle sue radici e le cerca disperatamente senza trovarle».
Una Sicilia che, però, diventa simbolo oltre la circoscrizione geografica. Specchio dei tempi e dell’umore cupo, grigio e insensato del nostro oggi.
«Questo piccolo paese è dentro un’isola, che è dentro il Paese, che a sua volta è dentro il mondo, come una scatola cinese. Questo piccolo buco si apre e diventa una voragine che rappresenta il pianeta, esploso per una perdita di identità e del senso del domani che sconfina dallo spazio al tempo, inghiottendo il giorno in una notte senza luna».
Si perde così anche il confine tra vita e morte. Tutto sfuma in un caos primigenio dominato dallo smarrimento e persino il buon senso degli abitanti svanisce, assuefatto dalla strumentalizzazione cannibalesca della stampa che trasforma il «caso dei morti inconsapevoli» in turismo del macabro e circo mediatico come nella nostra attualità. «Anche io sono stata una cronista interessata alla notizia e conosco il cinismo spaventoso che alimenta la “notiziabilità”. Un fatto diventa importante non in virtù del suo valore intrinseco, ma in base all’impatto che può avere sui media per “freschezza” e novità. Persino la morte volontaria quando diventa consuetudine non interessa più».
Tutto il romanzo è pervaso dalla contaminazione tra giornalismo e scrittura. Ibridati in una dimensione meta-letteraria in cui chi inventa storie diventa anch’esso protagonista in incognito e salvifico, facendo della solitudine che il processo creativo provoca nello scrittore lo specchio della solitudine dell’umanità. Leggi tutto…