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Posts Tagged ‘Romana Petri’

PREMIO STREGA 2023: la cinquina finalista (Rosella Postorino, Ada D’Adamo, Maria Grazia Calandrone, Andrea Canobbio, Romana Petri)

La cinquina della LXXVII edizione del Premio Strega

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Benevento, 7 giugno 2023. Il Premio Strega ha annunciato oggi, dal Teatro Romano di Benevento e in diretta streaming su RaiPlay, il risultato della prima votazione.

La conduzione della serata è stata affidata a Stefano Coletta, che ha intervistato i dodici candidati e candidate mentre sul palco avveniva in diretta lo spoglio dei voti, al termine del quale Mario Desiati, presidente di seggio e vincitore della precedente edizione, ha proclamato i finalisti.

Hanno espresso le proprie preferenze, tra voti singoli e voti collettivi, 596 votanti su 660 (pari al 90,3% degli aventi diritto): a quelli dei 400 Amici della domenica si aggiungono come di consueto 220 voti espressi da studiosi, traduttori e intellettuali italiani e stranieri selezionati da oltre 30 Istituti italiani di cultura all’estero20 lettori forti e 20 voti collettivi espressi da scuole, università e gruppi di lettura, tra cui i circoli costituiti presso le Biblioteche di Roma.

Il totale dei voti espressi ha quindi determinato i seguenti finalisti alla LXXVII edizione:

  1. Rosella PostorinoMi limitavo ad amare te (Feltrinelli), con 217 voti
  2. Ada D’AdamoCome d’aria (Elliot), con 199 voti
  3. Maria Grazia CalandroneDove non mi hai portata (Einaudi), con 183 voti
  4. Andrea CanobbioLa traversata notturna (La nave di Teseo), con 175 voti
  5. Romana PetriRubare la notte (Mondadori), con 167 voti

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PREMIO STREGA 2023: i dodici candidati selezionati

I DODICI LIBRI CANDIDATI ALLA LXXVII EDIZIONE DEL PREMIO STREGA

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Roma, 30 marzo 2023. Il Premio Strega, il riconoscimento letterario promosso da Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e Liquore Strega con il sostegno e il contributo di Roma Capitale, Camera di Commercio di Roma, in collaborazione con BPER Banca e Tirreno Power, media partner Rai, sponsor tecnici IBS.it e Sygla, ha annunciato oggi la selezione della dozzina della LXXVII edizione nella Sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano sede istituzionale della Camera di Commercio di Roma.

Il Comitato direttivo del premio – composto da Pietro Abate, Giuseppe D’Avino, Valeria Della Valle, Ernesto Ferrero, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Dacia Maraini, Melania G. Mazzucco (presidente), Gabriele Pedullà, Stefano Petrocchi, Marino Sinibaldi, Antonio Scurati e Giovanni Solimine – ha scelto i 12 candidati che si disputeranno l’edizione 2023 tra gli 80 titoli proposti quest’anno dagli Amici della domenica.

©Musacchio, Ianniello, Pasqualini & Fucilla

Questi i libri selezionati:

  • Silvia BallestraLa Sibilla. Vita di Joyce Lussu (Laterza), presentato da Giuseppe Antonelli.
  • Maria Grazia CalandroneDove non mi hai portata (Einaudi), presentato da Franco Buffoni.
  • Andrea Canobbio, La traversata notturna (La nave di Teseo), presentato da Elisabetta Rasy.
  • Ada D’AdamoCome d’aria (Elliot), presentato da Elena Stancanelli.
  • Gian Marco GriffiFerrovie del Messico (Laurana Editore), presentato da Alessandro Barbero.
  • Vincenzo LatronicoLe perfezioni (Bompiani), presentato da Simonetta Sciandivasci.
  • Romana PetriRubare la notte (Mondadori), presentato da Teresa Ciabatti.
  • Rosella PostorinoMi limitavo ad amare te (Feltrinelli), presentato da Nicola Lagioia.
  • Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio (Bompiani), presentato da Jhumpa Lahiri.
  • Andrea TarabbiaIl continente bianco (Bollati Boringhieri), presentato da Daria Bignardi.
  • Maddalena Vaglio TanetTornare dal bosco (Marsilio), presentato da Lia Levi.
  • Carmen VerdeUna minima infelicità (Neri Pozza), presentato da Leonardo Colombati.

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ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY in “Rubare la notte” di Romana Petri

Rubare la notte - Romana Petri - copertinaIl ritratto di Antoine de Saint-Exupéry nel nuovo romanzo di Romana Petri “Rubare la notte”, edito da Mondadori (romanzo presentato da Teresa Ciabatti  all’edizione 2023 del Premio Strega)

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di Grazia Pulvirenti

“Il mondo è solo realtà, il suo riflesso però è stupefacente possibilità, e questo è il bottino per l’anima che fuoriesce dalle sue caverne più profonde.”
Hugo von Hofmannsthal, Die Bühne als Traumbild (1903)

Le caverne più profonde erano per Hofmannsthal il luogo della trasmutazione del reale nel simbolico, del sensibile nel sovrasensibile, dell’io adulto, dimidiato e sofferente, in un io “magico” partecipe della totalità dell’esistenza. Questo io, cui il poeta austriaco dedica nell’intera sua opera una sismografia del malessere e del disincanto, vive pienamente e compiutamente solo nello spazio della pre-esistenza, dove si appaga l’anelito verso la riunificazione con una totalità primigenia. La pre-esistenza è una condizione “gloriosa, ma pericolosa”, come ebbe a scrivere lo stesso poeta. Condizione magica e al tempo stesso spaurante di una età pre-razionale, in cui il giovane della poesia Gerechtigkeit tutto capisce attraverso il sentimento e le emozioni, sognando quella fantasmagoria memoriale di una unità smarrita, eppure ancora viva nelle vibrazioni delle emozioni e dell’immaginazione.

Questa dimensione della pre-esistenza, intesa da Wund come categoria psicologica, mi pare, con tutte le possibili varianti del caso, la condizione esistenziale della vita di Antoine de Saint-Exupéry, come la ricrea magistralmente Romana Petri nel suo Rubare la notte (Mondadori, 2023). Leggi tutto…

ROMANA PETRI racconta RUBARE LA NOTTE (Mondadori)

Rubare la notte - Romana Petri - copertinaCome nasce un romanzo? Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine, ROMANA PETRI racconta il suo romanzo RUBARE LA NOTTE (Mondadori)

Tra i dodici candidati all’edizione 2023 del Premio Strega

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di Romana Petri

Mio padre Mario Petri, quando ero bambina mi leggeva, recitava e interpretava di tutto. Avveniva di sera, quando ero già a letto, e probabilmente con l’intento di farmi dormire. Ma dormire era impossibile perché, dopo tutto quel teatro, quando mi dava il bacio della buona notte e spegneva la luce, io di certo non ero pronta a dormire, bensì a rivisitare tutto quello che avevo appena ascoltato e visto. È così che ho ricevuto i primi rudimenti dei grandi classici latini e greci e della narrativa. Tra i tantissimi c’è stato anche Il Piccolo principe, questa fiaba criptata che più la leggi e più ti cambia volto davanti agli occhi. Credi di aver capito una cosa, ma alla successiva rilettura quel che ti sembrava di aver compreso si “rimisterizza”. Una fiaba che ha venduto 170 milioni di copie nel mondo, che è stata tradotta in 434 lingue e dialetti (ci sono dialetti che non hanno di scritto null’altro se non questa opera di Saint- Exupéry): come ha fatto questa fiaba dai temi così terribili, e dove alla fine il protagonista bambino muore, ad aver avuto tanto successo? La risposta è che in questa storia ci sono solo quesiti e non risposte e che per questa ragione è ipnotica, perché la grande letteratura non consola mai, inquieta, mette in uno stato di allarme, ti obbliga a trovare risposte e a rimangiartele la volta dopo. Lo dico con cognizione di causa perché come insegnante di lingua e letteratura francese ho fatto leggere la storia di questo bambino capriccioso e del suo compagno di viaggio, che altri non è se non lui stesso cresciuto, ogni anno per tanti anni. Perché il piccolo Principe abbandona il suo pianeta? Perché di tutta la Terra conosce solo il deserto?
Cosa lo uccide? Perché si uccide? Leggi tutto…

PREMIO STREGA 2023: i libri presentati dagli Amici della Domenica #2

Il secondo gruppo di titoli proposti dagli Amici della domenica per la LXXVII edizione del Premio Strega

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I romanzi di: Matteo B. Bianchi, Olga Campofreda, Maria Castellitto, Alessandra Fagioli, Sara Gamberini, Giovanni Greco, Maria Malucelli, Flaminia Marinaro, Sebastiano Martini, Paolo Mazzarello, Matteo Melchiorre, Sacha Naspini, Romana Petri, Rosella Postorino, Stefano Redaelli, Carmela Scotti, Andrea Tarabbia, Maddalena Vaglio Tanet, Carmen Verde, Roberta Zanzonico Leggi tutto…

MOSTRUOSA MATERNITÀ di Romana Petri (Giulio Perrone Editore)

Mostruosa maternità - Romana Petri - copertina“Mostruosa maternità” di Romana Petri (Giulio Perrone Editore, 2022)

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di Daniela Pellegrino

È tornata in libreria la scrittrice Romana Petri con una raccolta di racconti pubblicata da Giulio Perrone Editore dal titolo Mostruosa maternità. Un viaggio percorso in dodici racconti che scavano nella fragilità femminile o, meglio, in una maternità che forse non siamo abituati a concepire. Romana Petri, penna fine e schietta, indaga in quasi duecento pagine la faccia più brutale e difficile da comprendere del sentimento che lega una madre ai propri figli. Può essere materna una donna che uccide la creatura che lei stessa ha messo al mondo? Una domanda difficile, che alla fine dei racconti sembra trovare la sua risposta: sì, può esserlo. Una considerazione ovviamente soggettiva, perché questo libro non mancherà di impressionare, di sconvolgere e di far rabbrividire.
Dalla cronaca al Medioevo, dalla frustrazione alla violenza, Mostruosa maternità è una scatola chiusa in cui si sbatte da una parte all’altra alla ricerca di una ragione, di un perché rispetto a simili gesti. Un baule di verità, di episodi, di storie in cui emergono tutta la fragilità umana e la caducità dell’equilibrio che ciascuno di noi cerca di mantenere nella vita, nei rapporti, nell’amore che nutriamo. Leggi tutto…

ROMANA PETRI racconta CUORE DI FURIA (Marsilio)

Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine: ROMANA PETRI racconta CUORE DI FURIA (Marsilio)

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di Romana Petri

L’idea di scrivere questo romanzo è nata molti anni fa, mentre stavo lavorando a I padri degli altri, una raccolta di racconti sulle crudeltà paterne. Volevo inserirlo, poi mi sono resa conto che non sarebbe stato mai un racconto, ma un romanzo. E così ho aspettato, rimandato, provato, rinunciato. E poi scritto tutto di un fiato. Come non avessi scelto io.
Cuore di furia nasce dal desiderio di raccontare due mondi: quello dei padri crudeli, che molto mi affascina, soprattutto quando questa incapacità genitoriale si tramanda, come se il male avesse sempre il potere di non essere mai inquinato dal bene; e quello del padre artista, in questo caso scrittore, e dunque uomo-libro.
Il romanzo è liberamente tratto (molto liberamente) dalla vita del grande scrittore Giorgio Manganelli. Non so se sia stato un padre così terribile come io descrivo Jorge Tripe (questo il nome del mio personaggio), ma non ha molta importanza, Manganelli è un’ispirazione, forse il suo essere così tenebricoso nella scrittura un po’ mi lasciava “ben sperare”.
Ho analizzato l’incapacità affettiva dell’uomo-libro, di quell’individuo che, così preso dalla creazione, dall’evoluzione linguistica del suo scrivere, subisce un’involuzione affettiva dalla quale non può (forse non vuole) tornare indietro. Si chiude nel gigantesco, egotico mondo dell’Io. Gli dicono che è un genio, e credo non vi sia iattura peggiore di quella di essere definiti da troppe persone un genio. Se davvero diventiamo ciò che gli altri vedono in noi, un genio si sentirà un genio. Dunque non adatto a vivere con gli individui comuni (praticamente tutti quelli che non sono lui). Subirà una specie di auto abbandono. Essendo un genio deve stare per conto suo, nessuno sarà mai alla sua altezza. Leggi tutto…

Pensieri e parole ai tempi del coronavirus # 18 (di Romana Petri)

Dal mondo dei libri, pensieri e parole ai tempi del Covid-19

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di Romana Petri

Alessandro Haber parla della depressione che gli provoca stare in casa, della paura di prendere il virus (come se fosse l’unico) i giornali ci dicono che la ripercussione economica sarà inimmaginabile, come un dopoguerra. Possibile? L’ultima guerra è durata 4 anni, possono mesi di virus (sempre sperando che così sia) ridurci come nel 1945? E poi, serve tutto questo allarmismo sull’economia quando ci sono ancora 600 morti al giorno, persone in cura intensiva etc.? Ormai siamo catastrofisti. Abbiamo visto e letto film e romanzi distopici da troppo tempo. I problemi economici saranno mondiali, in Italia mancherà per un bel po’ il turismo. Va bene, ma vogliamo pensarci a virus finito? No, ci devono tartassare subito e su tutti i fronti l’audience prima di tutto. Leggi tutto…

PRANZI DI FAMIGLIA di Romana Petri (intervista)

PRANZI DI FAMIGLIA di Romana Petri (Neri Pozza)

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recensione e intervista a cura di Simona Lo Iacono

Da sempre mettersi a tavola è un rito che attira il mistero. Già nelle civiltà primitive consumare il pasto apparteneva all’area del sacro, perché mangiare voleva dire avere sconfitto la fame, e quindi la morte, allestire una festa, sopravvivere grazie a una benedizione.
I greci ai propri banchetti invitavano sempre gli dei, e i partecipanti spirituali erano più numerosi di quelli reali.
Il cibo si adattava ai convitati: agli uomini andava la carne dell’animale sacrificale, la materia che avrebbe innervato il loro sangue. Agli dei, i fumi, gli aromi che bruciavano nell’ara, e che si invettavano fino alle nuvole.
Con quei vapori l’uomo si lavava dalla colpa di avere ucciso per restare vivo, cercava di far dimenticare che il sacrificio non era che una macellazione, indispensabile per consentirgli di continuare a esserci.
Dunque, riunirsi a tavola, è più che un atto quotidiano. E’ rito, coniuganza del senso della vita e dell’eterno, intuizione di oscurità e luce, di menzogna e verità.
Romana Petri lo sa perfettamente.
Nel suo ultimo, bellissimo, romanzo, “Pranzi di famiglia” (ed. Neri Pozza), il pranzo famigliare è riunione intorno ai vivi, ma soprattutto ai morti, è atto comunitario, ma anche urlo di solitudine, è appello al vincolo di sangue, ma anche a chi quel vincolo ha tradito, a chi lo ha violato, a chi – come agnello sacrificale – ha preferito macellare gli innocenti sull’altare del proprio io. Leggi tutto…

LETTERA A ROCCO CARBONE

In occasione del decennale della scomparsa dello scrittore Rocco Carbone (Reggio Calabria, 20 febbraio 1962 – Roma, 18 luglio 2008) pubblichiamo la lettera a lui indirizzata da Romana Petri, presente all’interno del volumeLetteratitudine 3: letture, scritture e metanarrazioni” (LiberAria, 2017)

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LETTERA A ROCCO CARBONE

di Romana Petri

Caro Rocco,

si possono scrivere lettere a chi non c’è più? Che significato hanno? Ad avertelo chiesto avresti risposto che le scriviamo per noi, ne sono sicura. E allora la scrivo per me. Per nostalgia, per grande rimpianto, perché sei morto da più di sette anni e questa tua assenza continua ad essere un peso.  Esistono morti che durano più delle altre, che si vivono senza rassegnazione. La tua è una di queste. Mi hai dato poco scampo. Non sei stato solo il mio più caro amico, eri una persona a me affine e diversa al tempo stesso. La compatibilità nella diversità. Forse era soprattutto quest’ultima a unirci. Quei tuoi malesseri che ti circondavano di ombre, la tua ricerca affannosa del grande amore. Quante telefonate mi avrai fatto sul grande amore? Eri l’uomo delle ossessioni e le ossessioni erano il tuo fascino anche in ciò che scrivevi. Perché tu eri lo scrittore dello sguardo. Descrivevi le cose nei più minuti particolari e le cose emergevano vive: la maniglia di una porta, un bicchiere appena lavato, una sigaretta sul posacenere con il suo fumo verticale. Eri il mio Tristram Shandy. Te l’ho detto tante volte. Se scrivevi di un uomo che si svegliava al mattino, chi ti leggeva era obbligato a essere quell’uomo, ne seguiva ogni movimento come fosse il suo.
Le conoscevo bene le tue abitudini. Sapevo che al mattino ti svegliavi, andavi al bar sotto casa per prendere il caffè… Poi dipendeva dal momento, se stavi scrivendo un romanzo, dalle nove a mezzogiorno rimanevi seduto davanti al computer perché  dovevi scrivere due cartelle al giorno. Quando arrivavi a due ti fermavi. Certe volte mi telefonavi per dirmelo: “Sono le undici e per oggi ho già finito”. E dopo ti mettevi a leggere ascoltando un po’ di musica, aspettavi l’ora del pranzo che consumavi quasi sempre allo stesso bar sotto casa. Un piatto unico, un altro caffè e poi mi telefonavi. Alzavo il ricevitore e le prime parole erano sempre le stesse: “Romana, Rocco”. Ci nominavi. Leggi tutto…

IL MIO CANE DEL KLONDIKE di Romana Petri (recensione e intervista)

IL MIO CANE DEL KLONDIKE di Romana Petri (Neri Pozza)

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Osac, il cane del Klondike.

di Simona Lo Iacono

Un riconoscimento. Comincia così, in genere, l’amore vero. Con uno sguardo sull’altro, un altro che però non rimanda la sua immagine. Ma la tua.
Da lì in poi, la vita non è più la stessa. Il riconoscimento affonda in ciò che siamo stati, in ciò che vogliamo e persino in ciò che non vogliamo.
Richiama, come da una lontanissima e selvaggia foresta, la parte più nascosta e più ferita di noi.
Ma cosa accade se a riconoscersi non sono due esseri umani ma una donna e un cane?
Che tipo di amore può venire fuori da un essere su due gambe e un altro su quattro?
Se poi il cane è nero come la pece, furibondo come un folletto, enorme e geloso, è ben possibile che la vita non solo cambi, ma sia completamente stravolta. E che il riconoscimento si trasformi in qualcosa di ancor più radicale. Un legame arcaico, viscerale e quasi sacro, che impedirà al cane di lasciare la sua amata, e che farà sentire l’amata – all’arrivo di un figlio proprio – il peso di un insostenibile tradimento.
Libro di passioni forti, radicate, e di impareggiabile verità, “Il mio cane del Klondike” di Romana Petri (Neri Pozza editore) non è però solo la storia,  esilarante e al tempo stesso tragica, di Osac, ossia dell’indomito animale che l’autrice – ai tempi insegnante precaria – salva dalla strada. Né va limitato all’avventura, per quanto bizzarra, di una bestia che decide di amare perdutamente la propria salvatrice.
Questo libro di Romana Petri è invece un viaggio nella inesorabile scoperta della maternità, che Romana si trova a vivere – e non a caso – proprio dopo aver adottato il suo ingombrante amico a quattro zampe.
Quasi contemporaneamente, infatti, un figlio e un cane si impadroniscono della sua esistenza, e la donna fa esperienza giorno dopo giorno del mistero, umile e onnipotente, del generare.
Quando infatti il suo “Citto”, il suo bambino, viene alla luce, la madre non può fare a meno di capire che il legame con il figlio la porterà inevitabilmente a dover tradire l’amore di Osac, e nella ineluttabilità di questo tradimento, scoprirà la forza e la fatica dell’essere – da quel momento in poi – un genitore.
La maternità inizia a diventare una modalità dell’essere, e Romana capisce di non poter più tornare indietro, che il “Citto”, sin dal momento in cui si è scavato in lei una strada per venire al mondo, ha impresso al suo destino la forza di un mistero eterno e imperioso.
Ama, la madre, e più impara ad amare, più il mondo e la condizione umana passano da quella maternità, costringendola a rinascere e a morire, a espandersi e a ritrarsi, a fare spazio e a togliere spazio.
Di fronte a quell’amore potente e doloroso, e all’allontanamento necessario del neonato e della donna, Osac non potrà che fuggire, ululare alla notte la sua solitudine, aggrapparsi a un nugolo di scapestrati amici canini e cercare di dimenticare – come ogni creatura innamorata – la propria infelicità.

-Romana, chiedo allora all’autrice, che legame c’è in questo bellissimo romanzo tra la scoperta della maternità e il salvataggio di Osac?
Immagine correlataOsac è il protagonista assoluto di questo romanzo, l’unico che abbia un nome e anche un cognome, e di ogni cosa è una specie di untore. Il suo “selvaggiume” contagia tutto, anche la maternità che si fa primordiale, quasi biblica. Nel parto la donna soffre atrocemente, ma non vuole anestesie. Contagiata dal selvaggio Klondike che il cane le ha portato in casa, decide che deve mettere al mondo la sua creatura in questo modo barbaro. “Partorirai con dolore” per lei non è nemmeno più una minaccia, quel dolore lo sceglie quasi superstiziosamente, come se si dicesse: “Più soffro ora e meno soffrirà mio figlio nella vita.” Ma è Osac a metterle queste cose nella mente, lui e il mondo selvatico e primitivo che si porta dietro quasi inconsapevolmente. Tra cane e figlio, la madre sta in mezzo non a fare da bilancia, ma ad assorbire Natura.

-Nel romanzo la salvatrice di Osac cerca non solo il nome del suo cane, ma anche il suo cognome. Perché? Leggi tutto…

#GruppoDiLetturaDay 2017

Torna il #GruppoDiLetturaDay ideato da Isabella Borghese

Sta per cominciare la seconda edizione del #GruppoDiLetturaDay. Ne parliamo con l’ideatrice, Isabella Borghese

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blog_isaSono entusiasta di questo progetto a cui ho iniziato a lavorare diversi anni fa“, ha raccontato Isabella Borghese a Letteratitudine, “più di tutto perché maturava in me – che lavoro da anni come ufficio stampa – il desiderio di trovare nuove idee per promuovere i libri. Sono contenta di aver già avviato la seconda edizione, un poco incoraggiata dagli auguri di Dacia Maraini, e felice di avere oggi Nadia Terranova con noi; questo fatto che Nadia abbia detto che per lei questa giornata è <<un luogo in cui tutto è possibile e le rivoluzioni si fanno senza accorgersene>> è un’altra bellissima osservazione; in fondo chi lavora nel settore, chi ama i libri, chi vive con e per essi, non pensa a fare altro che rinnovare, creare, dare vita a nuove idee. E se riusciamo a fare piccole rivoluzioni a noi non solo sembrano grandi, sono soprattutto un obiettivo raggiunto che ci spinge ad andare avanti, a non fermarci, a credere in quello che facciamo. E pure, soprattutto, ancora a credere nei libri. Nei libri. In ultimo mi è doveroso ringraziare l’entusiasmo dei Gruppi di Lettura, delle lettrici, dei lettori, che dico sempre, sono i veri protagonisti di questa giornata ed è in fondo grazie a loro che esiste il Gruppo di Lettura Day. Senza di loro non ci sarebbe nulla. E anche vorrei ringraziare chi sostiene e dà voce a questo progetto. Sono molte le persone da ringraziare, dunque. E lo faccio a gran voce!

Di seguito, informazioni sul #GruppoDiLetturaDay 2017 Leggi tutto…

ROMANA PETRI vince il SuperMondello 2016

Romana Petri vince il Premio SuperMondello e il MondelloGiovani

 

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Leggi l’Autoracconto di Romana Petri dedicato a Le serenate del Ciclone (Neri Pozza)

Tutti i vincitori del Premio Mondello 2016

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Venerdì 25 novembre, presso la Società Siciliana per la Storia Patria di Palermo, si è tenuta la cerimonia finale del Premio Letterario Internazionale Mondello, giunto alla sua quarantaduesima edizione, promosso dalla Fondazione Sicilia d’intesa con la Fondazione Premio Mondello e insieme con il Salone Internazionale del Libro di Torino e la Fondazione Andrea Biondo.

È Romana Petri con Le serenate del Ciclone (Neri Pozza) la vincitrice del SuperMondello 2016 e del Mondello Giovani: doppio riconoscimento assegnato a Palermo presso la Società Siciliana per la Storia Patria, nell’ambito della XLII edizione del Premio Letterario Internazionale Mondello.

Ecco la motivazione: «Nella frequenza con cui, negli ultimi anni, una generazione di autori racconta il proprio passato concentrandosi soprattutto sulla figura paterna, Romana Petri riesce non soltanto a celebrare letterariamente il mito del padre, grande cantante lirico e attore, ma a ricostruire l’Italia piccola, quella che assisteva ai grandi cambiamenti storici restandone ai margini o soffrendone solo le conseguenze. Il linguaggio ibridato con cui, nella prima parte, narra le campagne dell’Umbria, muta nella seconda, quella che assume i toni dell’autofiction, nella partecipe rievocazione del rapporto padre-figlia, raggiungendo un equilibrio stilistico di rara armonia»

Romana Petri si è affermata sugli altri due vincitori del Premio Opera Italiana, Marcello Fois con Luce perfetta (Einaudi) e Emanuele Tonon con Fervore (Mondadori). Leggi tutto…

LE SERENATE DEL CICLONE di Romana Petri (recensione)

Pubblichiamo una recensione del romanzo LE SERENATE DEL CICLONE (Neri Pozza) di ROMANA PETRI 

(l’ “autoracconto” firmato dalla stessa Romana Petri è disponibile qui)

di Simona Lo Iacono

Il ciclone era nato in campagna, coi grilli che si lamentavano e l’erba amara che copriva i bordi delle strade.
In città avrebbe fatto scalpore, grosso com’era, adagiato nella cesta di vimini che sua madre trascinava con sé e col colorito sanguigno. Ma lì, a Cenerente, erano abituati ai maschi che ingurgitavano uova ancora umide del caldo delle galline e ai figli tirati su tra panni sventolanti e stagioni storte.
Quando i suoi tornarono a Perugia, quel bambino fuori misura stupì quindi per il corpo già adulto, la voce grossa e baritonale, il cuore pietoso e recalcitrante. Non ce n’erano come lui, belli e silenziosi, adatti a fare innamorare, o a prendersi a pugni per principio.
E sì che non aveva gioie domestiche, il ciclone, con quel padre donnaiolo e senza tenerezza, che in tutta la vita gli aveva fatto un regalo soltanto, un grammofono e qualche disco, senza sapere che gli avrebbe regalato anche un destino.
Un regalo solo, ma era bastato. In quelle poche note che addomesticava con la passione, aveva scoperto una vocazione prepotente e sciantosa che aveva convinto il gruppo dei suoi amici a fargli fare serenate a pagamento.
Era cominciata così, per scherzo e per guadagnare qualche soldo, anche se le destinatarie delle sue sonate sbagliavano regolarmente innamorato e si perdevano per lui invece che per chi aveva commissionato la musica.
Ma non ci badava. Erano anni svagati, quelli precedenti la guerra, e la prima donna che aveva amato, l’Angelinaccia, non era bastata a frenare l’entusiasmo di una vita nuova, lontana dalle scudisciate paterne e piena zeppa di sogni di vittoria.
Se n’era andato a Roma così, senza dire niente a nessuno, mantenendosi con le gare di pugilato e iniziando a prendere lezioni dal miglior maestro che era riuscito a trovare. Leggi tutto…

ROMANA PETRI racconta LE SERENATE DEL CICLONE

ROMANA PETRI racconta il suo romanzo LE SERENATE DEL CICLONE (Neri Pozza)

di Romana Petri

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Ho cominciato a scrivere questo libro dopo che erano passati 25 anni dalla morte di mio padre. In altri romanzi era già apparso, ma per costruire una storia intera su di lui non ero pronta, doveva passare del tempo. Quando ho capito che potevo cominciare, mi sono però resa conto che in realtà non volevo scrivere una redde rationem con chi non c’era più. Con lui di conti in sospeso non ne avevo, nel corso della nostra breve vita insieme abbiamo comunicato con ogni mezzo, dalle parole agli sguardi, a volte bastava una semplice piega del volto. È stato il grande amore a legarci, certo, ma anche l’immensa similitudine che ci rendeva non solo padre e figlia, ma anche grandi amici e complici. Non sono mancati, per fortuna, anche momenti burrascosi. Durante l’adolescenza l’ho rifiutato in modo sano, necessario, e per un po’ di tempo invece del padre eroe è stato il mio antagonista. Ma il sentimento che ci univa era forte. Trascorso il periodo del mio distacco critico, ci siamo ritrovati, e fino a che non è morto è stato tanto il padre reale quanto quello leggendario che aveva invaso e invasato la mia fantasia. Non credo che sarei diventata una scrittrice se sul mio cammino non ci fosse stato lui. James Hillman dice che veniamo al mondo con un seme conficcato vicino al cuore. È il nostro personale talento, quello che ci viene dato in dotazione, ma averlo serve a poco se non incontriamo qualcuno che ci aiuterà a coltivarlo. Per me è stato il mio “multiforme” padre. Cantante lirico di successo (ha portato il Don Giovanni di Mozart, con il maestro Karajan, in tutto il mondo), attore di cinema e cantante di canzoni, gli ho visto interpretare tanti di quei ruoli che per me, una bambina, quel padre era molte cose insieme oltre ad essere, sempre e comunque, anche mio padre. Il suo cantare e recitare mi ha dato un’altra prospettiva della vita. Senza rendermene conto devo aver pensato che vivere, per uno come lui, offriva la possibilità di essere più persone insieme. Dunque più vite da vivere, maggiori opportunità. E così, per farmi compagnia, suggestionata dai suoi tanti ruoli, cominciai a raccontarmi delle storie, a disegnarle e a ritagliarne i personaggi che poi facevo parlare e muovere proprio come fossero degli interpreti che guidavo io.

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GIORNI DI SPASIMATO AMORE, di Romana Petri

Giorni di spasimato amoreGIORNI DI SPASIMATO AMORE, di Romana Petri

di Simona Lo Iacono

La cucina è ingombra, tazze con un fondo di caffè, brocche asciutte in cui hanno navigato limonata e ghiaccio, piattini con sbecchi di marmellata.
Sono i resti di una colazione che si rinnova ad ogni risveglio, che scandisce un’unica, interminabile giornata fatta di silenzi e lunghe contemplazioni del mare di Posillipo.
Eccolo, infatti, davanti a lui, sconfinato e quasi umano, un essere tentacoloso che a volte pare fuggire ed altre andargli incontro.
E Antonio allunga le dita, lo accarezza e se ne fa stordire, la solita domanda gli scava quel rovello nel cuore: “Ma cos’è che chiama le persone, cosa, cosa, le fa tornare”.
Dev’esserci un senso, confida al roscetto, un senso trasognato e fedele nei frammenti che il mare fa vacillare, nella sua ansia di infinito, nel suo scandire un tempo che non ne vuole sapere dei conti nè delle ragioni, e che ha deciso di fare a modo suo, di scegliere un solo ricordo in cui abitare.
Lui, ad esempio, ha deciso di fermarlo, il tempo, ha deciso che sarà fatto di piccole e comuni cose, senza clamori che non siano quelli di chi condivide la giornata con la donna che ama, sia che la vita abbia falciato la sua presenza, sia che gliela abbia pietosamente restituita.
Forse, a far tornare le persone non è che la pazienza, conclude Antonio mentre il gatto Mascherino biascica un miagolio scomposto e fiero. Forse ciò che le chiama, ovunque siano, è questa appartenenza che non si rassegna a essere disciplinata, a seguire le logiche del mondo.
E sorride, Antonio. Mette ordine ai mille messaggi telegrafici che ha trascritto su un quaderno quando lavorava alla posta di Mergellina.
Ad altri potrebbero forse sembrare un oscuro ammasso di parole, ma per lui quelle frasi mozzicate, interrotte da uno “stop”, quegli appelli di vita e di morte che volano da una persona all’altra nel mondo, sono fili che tessono un’unica storia, voci di un solo linguaggio. Forse, capitoli di un immane libro.
E se ne sta così, affacciato alla sua finestra che si specchia sul mare, concedendo al roscetto quattro chiacchiere composte, i modi gentili, le riflessioni su quella vita sempre troppo misteriosa, che le onde rimandano a scaglie.
La sua donna, Lucia, li contempla distrattamente, spignattando con grazia alle loro spalle e preparando la cena.
In lontananza, tutto si sfoca, le bombardate della guerra, le raffiche di pallottole assassine e traditrici, le fughe sotto la pioggia di cannonate in un tempo lontanissimo.
I boati tuonano ancora nel cuore di Antonio, Leggi tutto…

LA CINQUINA DELLO STREGA 2013: Perissinotto – Siti – Petri – Di Paolo – Sparaco

premio strega

La prima votazione del Premio Strega 2013, svoltasi nella serata di oggi 12 giugno 2013 in Casa Bellonci, ha designato la Cinquina dei finalisti. I libri presentati dagli Amici della Domenica sono stati i 26 segnalati qui. I 12 libri selezionati dal Comitato Direttivo del Premio Strega sono stati segnalati qui.

Ecco i cinque libri, scelti dagli Amici della Domenica, che si contenderanno l’edizione 2013 del Premio Strega (la finale si svolgerà, come di consueto, al Ninfeo di Villa Giulia, giovedì 4 luglio 2013):
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UNA GIORNATA CON TABUCCHI

Una giornata con Tabucchi
con un’intervista di Carlos Gumpert

Di Paolo, Maraini, Petri, Riccarelli

Cavallo di Ferro, 2012 – pagg.128 – € 12,90

In collegamento con il post/dibattito su Letteratitudine intitolato “Omaggio a Antonio Tabucchi

In omaggio allo scrittore che consideravano un maestro, Dacia Maraini, Paolo Di Paolo, Romana Petri e Ugo Riccarelli raccontano Antonio Tabucchi e il legame che con lui avevano attraverso racconti inediti, lettere, testi­monianze, conversazioni che confluiscono in questo volume pubblicato dalla casa editrice “Cavallo di Ferro”.
Qui di seguito, un’intervista curata da Simona Lo Iacono.

Massimo Maugeri

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24 settembre 2012: Buon compleanno, Antonio Tabucchi.

di Simona Lo Iacono

L’aveva detto, che i fantasmi appaiono a mezzanotte, che rispondono ai richiami e agli appuntamenti.
Lui stesso, più di una volta, s’era messo ad aspettare l’ora di tutte le ore, quella che chiude e quella che apre, un’ora sulla soglia, proprio come la fine.
Che parola, poi, fine. Avrebbe di certo preferito “finale” e avrebbe aggiunto che non ne esiste mai uno definitivo, semmai una somma o una molteplicità, tutti aperti e possibili, e avrebbe riso, mentre lo sguardo gli andava inquieto sul sole di Lisbona, sulle sue malinconie.
E chissà. Per una volta sarebbe stato lui a convocare, a chiedere quello che chiedono tutte le ombre, un ricordo, un saluto, un bacio malfermo e trasognato in questa vita che lascia e ci lascia, un modo – in fondo – per sentirsi vivere ancora. Leggi tutto…